COMUNE DI CALCO

Sede municipale del Comune di Calco.

Descrizione

Calco e la sua storia

Le origini di Calco e di Arlate, secoli di storia raccontati in una sintesi da Anselmo Brambilla che ci presenta fatti e personaggi antichi. Un lungo lavoro di ricerca tra documenti conservati negli archivi parrocchiali e comunali e di Stato.

Storia e storie calchesi


Calco, Quando e Perché

Calicum - Calego - Calgo - Calico – Caligo

Le prime notizie sull'esistenza del paese o meglio dell'insediamento umano sulle colline Calchesi, si trovano in una pergamena del 936 o 937 un atto di permuta tra l'arciprete della chiesa di San Giovanni di Monza e tale Guarimberto, è presente e firma in qualità di testimone un abitante di Calco: Signum + manibus Umberti filii quondam Gumperti de Calego

Alcherio signore di Airuno, in partenza per una delle solite e frequenti guerre, decide di fare delle donazioni alle Chiese, Sant'Alessandro di Brivio e San Damiano di Airuno affinché, in caso di sua morte in battaglia, si officiassero un certo numero di Sante Messe a suffragio della sua anima.

Nel documento redatto in Airuno nel maggio del 960 per il lascito troviamo, anche in questo caso come testimoni, due abitanti di Calco: Signum++ manus Uberti seu Warimberti, pater et filio de loco Calgo testes

Prima dell'anno mille, Calco è citato in altre cinque carte, due atti di vendita redatti a Lecco il 6 Aprile del 975, nei quali il Conte di Lecco Attone, vende beni e terreni situati in diverse zone del territorio di Bergamo. Nobile di legge Franca, Attone governava in nome di Carlo Magno un vasto territorio a cavallo fra le attuali provincie di Lecco e Bergamo.

Anche in questo caso come testimoni ai due atti troviamo presenti i nostri: Umberti, qui et Teuzo, et Warimberti filiis quondam item Umberti de loco Calico testibu

Che puntualmente ritroviamo, in un altro atto redatto in Almenno, il mese di luglio sempre del 975, questa volta Umbertus in qualità di venditore.

Umbertus, qui et Teuzo filius quondam item Umberti de vico Caligo, vende, a Ferlinda figlia del signore di Beolco Bertario e moglie del solito Conte Attone di Lecco, case, terreni e altro situati in Calco in una zona non identificata chiamata "Prati Bruscanti", come testimoni a questo atto sono presenti due fratelli del venditore Arioaldi et Warimberti germanis suprascripto Umberti.

Redatta a Imbersago nel marzo 985 la quarta carta, tale Wiliellmi figlio del Conte di Musso fà solenne promessa, agli abbati di Sant'Ambrogio di Milano, di smetterla con le quotidiane molestie a cui sottoponeva i servi di detto Monastero, è presente come testimonio alla promessa Warimberti filius quondam Umberti de Calego.

Infine nel quinto atto, redatto sempre ad Imbersago il 29 Gennaio 997, troviamo Warimbertus nella veste di acquirente di beni, mobili e immobili in Cisano, Mapello e Brivio, da tale Didila detta Odda vedova del Conte di Palosco.

L'importanza delle carte ai fini della nostra ricerca sulle origine di Calco è data dal fatto che i personaggi in questione, più o meno sempre gli stessi, oltre ad evidenziare la loro provenienza, certificano di sottostare alla legge longobarda. Era infatti usanza al tempo specificare sugli atti ufficiali (lasciti, donazioni, compravendite ecc.) la legge a cui il soggetto si riferiva, longobarda, salica e in alcuni casi romana.

Indicazione molto importante che ci consente di considerare l'origine di Calco con certezza almeno al periodo Longobardo, Umbertus (carta del luglio 975), professandosi di legge longobarda a circa 200 anni dalla conquista Franca, di fatto certifica e mantiene una identità "Nazionale" consolidata probabilmente da molto tempo presente e radicata sulle colline Calchesi.

Alla conquista del regno Longobardo di Desiderio, Carlo Magno aveva consentito agli sconfitti di mantenere, nelle transazioni commerciali e nei rapporti sociali, le loro leggi e tradizioni purché riconoscessero in lui il padrone e gli versassero i dovuti tributi.

Se pensiamo alla sicuramente certa presenza Romana nella zona, e ancor prima di altri popoli (Insubri, Celti ecc.), l'ipotesi di datare l'esistenza di Calco all'epoca longobarda può anche essere considerata riduttiva.

Ma mancando di elementi certi che Calco sia più antica, si preferisce evidenziare quello ritenuto sufficientemente probabile.

Il ripetersi dei nomi nei documenti e il fatto che oltre ad essere persone di fiducia dei potenti dell'epoca (Alcherio signore di Airuno, Attone Conte di Lecco ecc) essi erano anche venditori e compratori, ci portano a considerare i vari personaggi citati nei documenti come appartenenti ad una famiglia nobile o comunque di rango elevato.

Con buone probabilità, almeno questa è l'opinione di alcuni studiosi di storia locale, essi sono gli antenati della famiglia Calchi o da Calco divenuta famosa, ricca e potente nel periodo delle lotte di successione al Ducato di Milano.

A noi le carte citate servono per evidenziare che sulle colline di Calco esistevano insediamenti umani consolidati almeno a partire dal periodo Longobardo.

Per quanto riguarda il nome siamo nel campo delle ipotesi ed è difficile dare notizie certe in questo genere di ricerche. Limiteremo quindi l'esposizione a quelle più accreditate.

L'origine del nome viene collegata alla voce celtica Calk, calce o masso calcareo. Considerata l'esistenza di pietra calcarea nel territorio, l'interpretazione può ritenersi sufficientemente credibile.

Strabone, storico e geografo greco (63 a C - 19 d C) narra che i Romani, per ripopolare il Lario e le sponde dell'Adda, dopo la cacciata dei "barbari", Celti o Insubri che fossero, abbiano deportato in queste zone una grande quantità di bellicosi Greci.

Alcuni originari dell'isola di Calchi nel mar Egeo, insediatisi sulle colline, chiamarono Calco la zona in ricordo della loro patria lontana a cui erano stati strappati e alla quale molto somigliava.

Per rafforzare questa tesi si cita anche il nome di una città greca dell'Aetolia e di una moneta da 10 soldi chiamata Calchos menzionata anche da Plinio.

Questa suggestiva e comunque interessante ipotesi manca alquanto di supporti storici. Si tratta in pratica di valutazioni estremamente soggettive non dimostrabili concretamente.

Altra ipotesi molto fantasiosa, la propone lo storico Milanese Paolo Moriggia, nel suo libro "La Nobiltà di Milano" del 1619, lo scrittore fa risalire l'origine del nome di Calco al querriero greco (sempre con i Greci) Calchos difensore dell'onore di Gundeberga, moglie di Arioaldo re dei Longobardi, ingiustamente accusata di infedeltà.

Uscito vincitore dalla tenzone, viene premiato con un villaggio e annesso territorio in una zona situata fra la sponda dell'Adda e il Monte di Brianza.

L'episodio è citato anche da Fredegario e da Paolo Diacono, ma questi due storici chiamano il difensore dell'onore reale con altri nomi, Pittone il primo, Carello il secondo, non si capisce perché il Moriggia lo chiami Calchos, forse per farsi amica la famiglia Calchi, al tempo ancora ricca e potente, presumibilmente ritenuta discendente dal guerriero.

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Quando e perché Arlate

Arelato

La prima notizia certa dell'esistenza di Arlate, o meglio del Monastero di Arlate è in una carta del 1162, dove in un atto di cessione di terreni viene certificato che confinano con il Monastero: Coeret ei a mane Monasteri San Columbani.

Anche se abitanti di un Vico Arelato si definivano tali Podone, Bonone e Auriprando, firmatari come testimoni di tre carte del 879, 983 e 999.

Alcuni storici ritengono l'Arelato, citato nelle tre carte, come l'insediamento da cui ebbe origine Arlate mentre altri la pensano diversamente. Lasciamo quindi la questione aperta e ci limitiamo a dare l'informazione.

Riguardo all' origine del nome la cosa è ancora più problematica e confusa. A chi pretende spiegare l'etimologia del nome Arlate, con "ara a lato", facendolo derivare dal essere al lato dell'Adda, e di avere l'estensione di un'ara, si contrappone chi ritiene che il nome derivi dal celtico : "ar laeth", che significa sopra le paludi , o da "hara" che significa, sempre in celtico, porco o porcile.

Secondo altri il nome di Arlate trarrebbe origine da Arles in Provenza.

Ovviamente impossibile dirimere la diatriba quindi ci limitiamo a darne notizia sperando nei posteri.

Mentre per Calco le notizie reperibili si riferiscono ai citati personaggi e alla presenza di insediamenti e nuclei abitativi, Arlate è sostanzialmente legata, storicamente, alla presenza del Monastero ed è quindi probabile che il nucleo abitato sia sorto successivamente in funzione della sua presenza.

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Collocazione geografica del Comune di Calco

Calco si trova in Lombardia nella provincia di Lecco nella parte di territorio identificato come Brianza.

Il paese sparso in un territorio collinare è situato sulla sponda destra del fiume Adda al confine con la provincia di Bergamo. Dista circa 15 chilometri dal capoluogo Lecco, 35 circa da Milano e circa 25 da Bergamo.

Sparso in varie frazioni della quale Arlate e la più importante e popolosa, confina con i comuni di Brivio, Olgiate Molgora, Merate e Imbersago.

E' attraversato da due strade di grande comunicazione che collegano Milano alla Valtellina, e dispone nelle vicinanze di una stazione ferroviaria della linea Milano Lecco Sondrio.

Il territorio si trova all'altezza media di 320 sul livello del mare, ha una estensione di 4,62 chilometri quadrati e una popolazione, al 31/12/2006, di 4500 abitanti, con una densità di circa 980 abitanti per chilometro quadrato.

La sua posizione geografica è situata nel punto d'incontro tra la latitudine 45° 43' 0'' N e la longitudine 9° 25' 0'' E, praticamente a metà strada tra il Polo Nord e l'Equatore.

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Brevi note storiche sul comune di Calco

L'origine delle due comunità di Calco e Arlate si perde nella notte del tempo, e come abbiamo già detto, le prime notizie dell'esistenza del paese, o meglio dell'insediamento umano sulle colline Calchesi, si trovano in una pergamena del 936 o 937.

Quelle su Arlate risalgono al 1162, il paese è citato in atto di vendita di terreni, o meglio nella carta è indicata la presenza del Monastero benedettino femminile come confinante di proprietà.

Quindi gli insediamenti umani sulle colline di Calco e nella fertile piana di Arlate, mancando reperti di origine Romana, sono da ritenersi almeno all'epoca della conquista longobarda, visto che i firmatari delle carte citate certificano di sottostare alla legge longobarda.

Legati prevalentemente al lavoro della terra, servi per non dire schiavi dei prepotenti signorotti locali, gli abitanti dei due paesi vivono stentatamente i violenti e nefasti, secoli dell'alto e basso Medioevo.

Di orientamento ghibellino, i signorotti di Calco e Arlate con altri paesi del Monte di Brianza, nel periodo delle lotte contro i guelfi, otterranno per la loro fedeltà ai potenti di Milano, esenzioni e privilegi vari.

Autonome e separate, le due comunità si troveranno coinvolte nelle lotte di successione del Ducato di Milano; Calco, legato alle vicende dei Calchi, proprietari e Signori di vaste zone della Brianza oltre che fedeli vassalli dei duchi di Milano dai quali ottennero onori e potere; Arlate, feudo della famiglia Vimercati, stretto attorno al proprio Monastero di Suore Cluniacensi, a sua volta proprietario di terre, mulini e anime. Fare la Storia è privilegio dei potenti e dei religiosi, il popolo solitamente si accontenta di vivere.

I rappresentanti delle due Comunità sempre distinte e autonome si presentano, con altre comunità Brianzole, il 10 luglio 1412 davanti al Duca di Milano Filippo Maria Visconti al quale giurano obbedienza e fedeltà (e dal quale ottengono altre esenzioni e privilegi).

Fedeltà che si rivelerà molto importante per il Duca di Milano quando l'Adda, nel 1428, diventa confine di Stato con la Repubblica di Venezia, ma che porterà sciagure e sventura per gli abitanti dei due paesi. I quali subiranno le drammatiche conseguenze delle lotte di successione, invasioni periodiche di eserciti, che solitamente si lasciavano dietro, lutti, distruzioni, fame e pestilenze, come ad esempio dopo il passaggio dei Lanzichenecchi nel 1629-30, che lasciò Arlate spopolata.

Spagnoli, Francesi, Tedeschi e altri, contribuirono in modo notevole a peggiorare le già precarie condizioni materiali delle due comunità, solo con l'arrivo degli Austriaci (1713 trattato d'Utrecht), e il loro insediamento come nuovi padroni, si assiste ad un periodo di relativa tranquillità.

Sotto il Governo di Maria Teresa d'Austria comincia una nuova era, almeno per i ceti più abbienti. Si riordina l'amministrazione dello Stato, si incentiva e si organizza la produzione agricola, si dà impulso alle comunicazioni e alla nascente industria ecc.

Nel riordino della pubblica amministrazione si procede alla stesura del catasto delle terre, (che si chiamerà in suo onore Teresiano) e all'accorpamento delle comunità più piccole. In relazione a questa riforma nel 1753 le due comunità autonome di Calco e Arlate sono unificate in un'unica realtà amministrativa, da quella data inizia la vicenda del Comune di Calco.

Abitato prevalentemente da contadini, coloni o pigionanti di nobili famiglie, il Comune, dal punto di vista sociale, segue le vicende più o meno interessanti di altri Comuni della zona, con problemi di vario genere legati soprattutto alle miserevoli condizioni di vita della popolazione, alla mancanza d'istruzione e all'assenza di concrete prospettive per la stragrande maggioranza degli abitanti del paese.

L'avvento del Regno d'Italia non migliora eccessivamente le misere condizioni del popolo, anzi in alcuni casi le peggiora. Il 21 febbraio 1897 il Consiglio Comunale di Calco minaccia di dimettersi in massa perchè non d'accordo sull'applicazione del raddoppio della tassa famiglia da 600 a 1200 lire annue (il focatico).

Il Consiglio, adducendo a giustificazione del rifiuto che la popolazione di Calco era composta nella stragrande maggioranza da contadini affittuari e che l'aumento spropositato della tassa avrebbe esacerbato gli animi e fomentato disordini e probabili ribellioni, incarica la Giunta di inoltrare ricorso al Governo di S.M. Umberto I, il cosiddetto "Re Buono". Il quale forse, troppo buono non era, infatti da Cogne dove si trovava in vacanza, il 13 agosto 1897 con un Reale decreto respinge il ricorso e "chi deve pagare paghi". Non si è potuto verificare se alla fine il Consiglio Comunale si sia dimesso, ma una cosa è sicuramente certa: le condizioni dei contadini Calchesi sono certamente peggiorate.

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Unificazione "spontanea" dei Comuni di Olgiate, Calco e Mondonico

Su proposta del Capo del Governo, Primo Ministro Segretario di Stato e Ministro per gli affari Interni Benito Mussolini, viene concessa al Re con decreto legge N°382 del 17 marzo 1927 la facoltà di ampliare, unire, sciogliere ecc. i comuni del Regno.

Cosa che sua graziosa Maestà, per grazia di Dio e volontà del popolo Re d'Italia, Vittorio Emanuele III farà per i tre Comuni il giorno 2 Giugno 1927 con Regio decreto n. 1032.

Unisce o meglio aggrega i Comuni di Calco e Mondonico ad Olgiate Molgora, modificandone il nome in quello di Olgiate Calco con Regio decreto del 15 gennaio 1928 n. 79 pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 6 febbraio 1928 con il numero 30.

Finito il ventennio fascista, si risveglia lo spirito "libero" dei Calchesi, e come molti altri comuni, uniti con poca grazia di Dio e nessuna volontà del popolo, chiedono di tornare autonomi, indipendenti.

Il 27 ottobre, domenica, un centinaio di persone sottoscrivono la domanda da inoltrare al Ministro dell'Interno con lo scopo di ottenere la ricostituzione del Comune di Calco, designando a rappresentarli, per tutte le incombenze del caso, ripartizione dei debiti, dei crediti, del personale, ecc, i Signori Ghislanzoni Mario, Brambilla Guido e Bolis Costantino.

Viene presentata formale istanza per la ricostituzione il 18 Gennaio 1948, istanza sottoscritta dalla maggioranza qualificata degli elettori contribuenti della frazione di Calco, 358 persone su un totale di abitanti di 2137 unità.

Il totale degli elettori contribuenti del Comune di Olgiate Calco era di 1243 persone con un gettito fiscale di lire 2.652.972 lire, la frazione di Calco con suoi elettori contribuenti versava nel 1947 alle casse comunali la somma di lire 1.135.085.

I 358 elettori contribuenti rappresentati dalla commissione, fecero tutto quanto era loro possibile per raggiungere la sospirata autonomia.

Alla prima citata istanza, segue quella deliberata dal consiglio Comunale il 22 Febbraio 1948, a cui fa seguito il parere della deputazione Provinciale, del Consiglio di Stato e di altri ancora.

Considerati e visti tutti gli articoli che c'erano da vedere e da considerare in base alle leggi e ai regolamenti vigenti, finalmente, su proposta del Ministro dell'Interno, il presidente della repubblica Luigi Einaudi, con decreto legge 616 del 30 maggio 1953, ricostituisce il "libero" e autonomo Comune di Calco, mentre Olgiate riacquista la dicitura Molgora e Mondonico si mette il cuore in pace.

Il comune entra nella sovranità amministrativa il 13 settembre 1953, data dalla quale scompare il comune di Olgiate Calco come luogo di nascita di molti Calchesi.

Comunque la sorte di Calco, Olgiate e Mondonico fu condivisa da moltissimi comuni Italiani aggregati d'imperio senza tanti complimenti dal Governo del Cavalier Benito Mussolini con il beneplacito di sua graziosa Maestà.

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Monastero Cluniacense - Arlate

Il monastero, ormai scomparso, con l'annessa chiesetta attualmente dedicata ai Santi Gottardo e Colombano, già facente parte del monastero femminile Cluniacense, era posto in posizione dominante sulla sommità di un colle , in un contesto paesaggistico e naturalistico notevole.

Una chiesa di San Colombano "in monasterio" risulta elencata tra le dipendenze della pieve di Brivio fin dal XIII secolo (Liber notitiae).

La posizione dominante permette un'ampia vista panoramica sulla valle dell'Adda, sulle colline bergamasche e più lontano sulle prealpi sia lecchesi che bergamasche.

La posizione e la corrispondenza visiva con la torre di Cisano Bergamasco fanno pensare, almeno nel periodo più antico, a costruzione inserita in un contesto di sistema difensivo posto a guardia del passaggio del fiume Adda.

Sistema difensivo realizzato probabilmente dai signorotti del vicino paese di Calco, la nobile famiglia Calchi, proprietaria di vasto territorio nella zona, a cui successivamente subentrano i nobili Vimercati. Contesto difensivo del quale si è persa ogni traccia.

Il paese o borgo di Arlate, come dicevamo, è già citato in una serie di atti notarili dei secoli IX-X dove compaiono i nomi di tali: Auriprando, Bonone e Podone che firmano in qualità di testimoni tali documenti dichiarando di abitare in vico arelato, oltre che certificare la loro appartenenza alla legge longobarda.

Si fanno risalire a questi secoli i primi insediamenti umani nella fertile piana, insediamenti che costituiranno i nuclei di quello che sarà il futuro borgo di Arlate. Ad attirare l'attenzione sul territorio furono tra le altre cose la terra fertile, la presenza di cave di pietra arenaria utilizzate da abili artigiani che ne estraevano le pietre per farne macine da mulino o mole per affilare gli utensili.

La vicinanza dell'Adda favorì lo sviluppo economico del borgo; sorsero infatti sulla sua sponda numerosi mulini, e si sviluppò notevolmente la pesca che gli abitanti di Arlate usavano come sostentamento e come prodotto di scambio.

Le prime notizie dell'esistenza di edifici sul colle dove sorge la chiesa, si trovano in un documento di compra vendita del 1162, dove si certifica l'esistenza di un monastero: de Sancti Columbani come confinante, senza specificarne ne l'ordine, ne se maschile o femminile.

Come monastero cluniacense femminile le prove certe della sua esistenza risalgono al 1311, quando viene eletta la badessa suor Allegranza de Molteno, che guidava un gruppo di otto monache sottoposte al controllo del priorato del monastero cluniacense maschile di Pontida.

Quattro delle otto monache appartenevano alla stessa famiglia de Molteno. Anche l'amministratore dei cospicui beni del monastero dal 1342 al 1360 era tale Gaspare de Molteno, probabilmente loro parente.

Alcuni ricercatori indicano come data della costruzione, della chiesa e del monastero il 1086/88, senza però indicare le fonti dal quale traggono l'informazione.

Tenendo conto che nell'elenco dei monasteri cluniacensi dipendenti da Pontida, redatto nel 1095 e nel 1125, Arlate non è menzionato, è presumibile che la sua costruzione sia stata realizzata fra il 1125 e il 1162.

Le otto monache presenti fra il 1311 e il 1340 si riducono durante gli anni, mentre, grazie ai proventi dei mulini e ai lasciti (certificato in una pergamena del XIII secolo), aumentano considerevolmente le rendite patrimoniali del monastero.

Nel 1475 le due anziane monache superstiti, che godevano di una rendita di 50 fiorini d'oro, rimaste senza guida spirituale e senza molti stimoli a seguire la regola dell'ordine, convinsero le autorità ecclesiastiche a cercare altre soluzioni.

Soluzione che venne trovata anche per intervento delle monache Canoniche Lateranensi del convento dell'Annunciata di Milano, che erano circa una settantina con una rendita di 25 fiorini d'oro, le quali chiesero al Papa di unire il monastero di Arlate, con relativi beni, al loro.

Cosa che Sisto IV fece con bolla papale del 26 aprile 1475, con la soppressione della dignità abbaziale e dell'ordine Cluniacense al monastero di Arlate e con la sua unione al monastero di Milano.

Con la clausola, a carico del patrimonio delle monache dell'Annunciata, che la chiesa di Arlate fosse conservata con decoro, officiata dei riti e con un cappellano per continuare a officiare le funzioni religiose a beneficio delle popolazioni del luogo.

Probabilmente la lontananza di Arlate da Milano affievolì l'interesse delle monache dell'Annunciata per la chiesa e di fatto disattesero l'obbligo del suo mantenimento e della sua conservazione.

Nella visita fatta nel 1610 dal cardinale Federigo Borromeo viene constatata una difficile situazione della chiesa con muri cadenti, il tetto rotto e molta trascuratezza, in pratica minacciava di crollare.

Probabilmente le monache dell'Annunciata dopo le prescrizioni del cardinale si occuparono un po' di più della chiesa cercando di renderla meno precaria, tanto che nel 1754, nella visita pastorale del Cardinale Giuseppe Pozzobonelli, le autorità ecclesiastiche la trovarono ordinata e funzionante.

Attraverso varie controversie, oltre che con le monache dell'Annunciata, anche con Brivio e Imbersago, la chiesa era diventata nel 1681 sede della parrocchia dei SS Gottardo e Colombano con giurisdizione e cura di circa 180/200 anime.

Dal XVI al XVIII secolo la parrocchia di Arlate, a cui era preposto il vicario foraneo di Brivio, è costantemente ricordata negli atti delle visite pastorali compiute dagli arcivescovi e delegati arcivescovili di Milano nella pieve di Brivio, inserita nella regione V della diocesi.

Nel 1724 vengono esumati e spostati i resti delle monache e delle persone inumate nei sepolcri presenti nella chiesa, in quanto non essendo gli stessi perfettamente sigillati emanavano degli odori molesti che disturbavano le funzioni, specialmente nei mesi estivi.

Con l'arrivo dei francesi e la conseguente soppressione del monastero dell'Annunciata di Milano, vengono confiscati e incamerati anche i beni ancora posseduti in Arlate dalle monache, ponendo così fine alla pluricentenaria presenza Cluniacense nel paese, dove rimane come unica testimonianza del loro passaggio, la Chiesa.

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Chiesa Parrocchiale dei Santi Gottardo e Colombano - Arlate

 

Costruita in pietra locale la chiesa si presenta molto bene, posta alla fine di un'ampia e ripida scalinata con la facciata a capanna, con le sene e finestre monofore poste al di sopra di un elegante portone.

L'interno è tipico delle chiese monastiche, molto semplice e spoglia, senza sculture figurative ne orpelli marmorei. Divisa in tre navate, quella centrale coperta con capriate lignee.

Poderosi pilastri quadrati sostengono il carico degli archi e delle murature con le pietre vive lasciate a vista.

La completano tre altari, uno in ogni abside. L'abside centrale presenta le tre monofore orientate verso est, secondo i dettami della simbologia cristiana. I costruttori volevano infatti dirigere la luce del sole che sorge sull'altare.

La cupola dell'abside centrale, probabilmente in origine tutta affrescata, mostra quanto rimasto del Cristo Pantocratore. L'affresco di stile tardo romanico è stato datato dagli esperti come risalente al XIII secolo.

Oltre agli interventi di restauro, o meglio di mantenimento operati nei secoli passati, nel 1920 subì la sistemazione della facciata con l'aggiunta delle due finestre superiori, di una cornice intorno al portale, di una fascia decorativa sulla sommità e l'apertura di una croce sul rosone centrale.

Nel 1969 ad opera dell'architetto Banfi viene operato un intervento di restauro che praticamente la riportano, il più possibile, alla sua condizione originale, con il rifacimento del tetto, abbattimento di muri non facenti parte della struttura e la pulitura di tutte le pareti.

Secondo il Banfi il collaterale nord sarebbe "il nucleo originale di tutto l'edificio" risalente all'XI secolo, e le zone absidali e settentrionali le uniche di stile tardo romanico, tutto il resto è frutto dei radicali restauri degli interventi del XVII secolo.

Con le conoscenze attuali non è possibile pensare ad una chiesa precedente alla comunità monastica.

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Beni di interesse architettonico e storico presenti sul territorio

Chiesa dedicata a San Vigilio, di antica memoria è stata ricostruita nel 1754 su disegno dell'architetto Antonietti di Monza, ampliata nel 1762 e nel 1770, restaurata dal 1895 al 1898, fu consacrata dal Cardinale Andrea Ferrari il 26/8/1899

Al suo interno statua lignea del Cristo 1600, tre tele del seicento Lombardo e tre Palliotti della prima metà del secolo scorso, inoltre dispone di un organo costruito dalla ditta Serassi di Bergamo nel 1772 restaurato nel 1995.

Museo Parrocchiale di San Vigilio con oggetti sacri molto antichi, lampade, calici ecc., arredi e paramenti di varie epoche, oltre ad un notevole patrimonio librario.

Chiesetta di Sant'Ambrogio di Ronco, molto antica, fatta costruire dai Calchi per uso proprio, prima notizia certa della sua esistenza il 1473. Alcuni studiosi la danno come l'antica parrocchiale di Calco.

Chiesetta di San Rocco di Cereina, San Carlo Borromeo nella visita pastorale del 1571 la dice molto antica.

Chiesa di San Carlo e Santa Maddalena a Calco Superiore fatta costruire da Alessandro Calchi nel 1560.

Chiesetta di Sant'Antonio di Padova in Boffalora edificato nel 1660 contiene una pregevole tela databile intorno al 1630 recentemente restaurata.

A Vescogna, l'antica dimora della famiglia Calchi indicata come il Palazzaccio. Al suo interno sono presenti affreschi e decorazioni risalenti ai primi anni del 1500. Seicentesco palazzotto con parco su tre livelli e giardini all'italiana, sala interna decorata e stemma gentilizio della famiglia Caimi sul portale d'ingresso. In origine probabilmente un palazzotto fatto costruire come prima dimora dalla famiglia Calchi.

A Grancia, Villa Camerini, settecentesca costruzione, in origine un convento degli Umiliati, rielaborata nella seconda metà dell'ottocento.

Villa Moretti, ottocentesca, già Casa Parrocchiale

A Calco Superiore, Villa Moriggia costruita su antiche dimore fortificate dei Calchi nel seicento, rielaborata dai Moriggia nel settecento.

A Grugana, Villa Cavalli settecentesca, attualmente proprietà e sede del P.I.M.E.

Ad Arlate, Villa Strigelli, settecentesca. Costruita su antichi insediamenti della famiglia Vimercati.

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Bibliografia

Fonti

  • Archivio Comunale di Calco
  • Archivio di Stato Como
  • Fondo Prefettura - Cartella elezioni
  • Giorgio Giulini - Memorie spettanti alla storia, al governo e alla descrizione della città e campagna di Milano - 1855 Tomo II - pagina 483
  • Gofredo da Bussero - Liber notitiae sanctorum Mediolani - Magistretti e M. de Villard - Milano - 1918
  • Dozio Giovanni - Notizie di Brivio e della sua Pieve - Milano - 1859
  • Schiapparelli L - Roma - 1929 - 1933 - G. Porro Lambertenghi - 1873 - Codice Diplomatico Longobardo
  • Lupo - Codex Diplomaticus Bergomensi - Tomo II - pagina 337
  • Corio Bernardino - Storia di Milano
  • Cusani Giorgio - Storia di Milano
  • Repertorio Diplomatico Visconteo - Hoepli 1911 - 18 Milano Società Storica Lombarda
  • Olivieri - Dizionario Toponomastico
  • Rinaldo Beretta - La Brianza 1960
  • Gaetano Banfi 1970 - La chiesa di Arlate restauro a cura dell'architetto don Gaetano Banfi pagine 165-172
  • G. Dozio 1858 - Notizie di Brivio e della sua pieve Milano 1858
  • G. Spinelli 1985 - Il monachesimo benedettino in territorio di Lecco una panoramica storica
  • Paolo Piva - Architettura monastica nell'Italia del nord. Le chiese Cluniacensi 1998 Skira Ginevra Milano
  • Archivio parrocchiale di San Colombano Arlate

 

Brambilla Anselmo

Calco, 26 maggio 2007

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Modalità accesso

Informazioni non disponibili.


Indirizzo

Via Cantù Cesare, 1, 23885 Calco (LC), Italia


Quartiere

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Circoscrizione

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CAP

23885



Ultimo aggiornamento

01/09/2023, 10:13
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